Molte riflessioni contenute in questo articolo mi sono state suggerite
dal libro di
L. Russo : Segmenti e bastoncini Feltrinelli 1998, una lucida
analisi sulle linee
di tendenza della scuola italiana.
1) La scolarizzazione
Qualche dato (1):
in Italia 1.200.000 persone sono analfabeti, 6.000.000 non hanno
raggiunto la quinta elementare,
17.000.000 hanno soltanto la quinta elementare: quindi
piu` di 24 milioni di persone (piu' della
meta' della popolazione adulta) hanno dalla quinta elementare in giu';
la percentuale di abbandoni dei corsi universitari senza il conseguimento
della laurea si aggira
intorno al 70% degli iscritti ( in particolare il 28% degli abbandoni
avviene tra il primo ed il
secondo anno di corso); l'universita' cioe' disperde due terzi degli
iscritti al primo anno mentre
si avrebbe bisogno di raddoppiare circa gli attuali laureati
per reggere almeno quantitativamente il
difficile confronto in Europa;
il 20% degli studenti che escono dalla scuola media non concludono il
ciclo della scuola media
superiore.
Da queste cifre si ha la misura di quel fenomeno socialmente
costosissimo (soprattutto per i ceti
meno abbienti) che e' "la dispersione" cioe' la rinuncia di un
pezzo rilevante di societa' alla
costruzione del proprio futuro. Si noti infine che il 30% degli
iscritti che si laureano appartiene alle
fasce piu' agiate del paese a testimonianza dell'assenza di mobilita'
sociale indotta dalla scuola.
Queste cifre dovrebbero preoccupare almeno quanto quelle
che riguardano gli attuali livelli di
disoccupazione. C'e' inoltre un altro dato negativo inerente
alla formazione in Italia; quello
relativo all'antica "denutrizione scientifica" (secondo l'espressione.di
Gramsci) caratteristica della
cultura italiana anche di piu' alto livello: nelle indagini comparative
internazionali gli studenti
italiani si collocano agli ultimi posti quanto a conoscenza di matematica
e scienze.
2) La scuola media
Questo quadro non sembra destinato a migliorare alla luce delle linee
di tendenza individuate nei
recenti disegni riformatori per la scuola media e superiore promessi
dal ministro Berlinguer
riguardo alla profonda trasformazione dei contenuti e dei metodi didattici
: gli strumenti concettuali
teorici, considerati ormai troppo difficili, sembrano in via di eliminazione
dall'insegnamento, che
sembra si possa ridurre alla descrizione di meri "fatti" e ad elenchi
di prescrizioni che mal si
conciliano con l'acquisizione di conoscenze organiche ed approfondite,
in particolare nelle materie
scientifiche si va insomma verso la "deconcettualizzazione" della scuola
come definisce L. Russo
questo processo (2).
Si parla soprattutto di ingegneria organizzativa della scuola e non
della sua funzione formativa ed
educativa; si vanno disegnando modelli di socializzazione non
di educazione per una scuola
contenitore e non per una scuola contenuto . Il problema delle conoscenze
che la scuola dovrebbe
trasmettere e' sistematicamente eluso spesso con la chiacchiera insignificante.
L'esempio piu'
plateale e' forse quello dell'innalzamento dell'eta' dell'obbligo da
14 a 15 anni che consiste
esclusivamente nel mandare i ragazzi, che ora si fermano alla terza
media, a frequentare il primo
anno di una qualsiasi scuola superiore lasciando questa cosi' com'e',
senza riferimento ad alcun
contenuto di apprendimento e formativo, come se un qualunque
anno di scuola potesse essere
contemporaneamento e con qualche utilita' l'anno terminale di un ciclo
e quello iniziale di un altro.
3)Universita' e ricerca scientifica
Il movente strettamente culturale e formativo della riceca scientifica
sta subendo degli attacchi
parallelamente al guadagnare terreno della visione che la ricerca debba
essere solo finalizzata alla
necessita' di innovare e sostenere la produzione in cambio di profitti
immediati e quindi anche la
ricerca fondamentale con i suoi obiettivi e modalita' di formazione
stenta a sopravvivere.
Forse l'abbandono dell'Italia da parte di giovani ricercatori brillanti
e' dovuto piu' alla esiguita' di
qualificate occasioni di formazione che alla mancanza di finanziamenti:
c'e' insomma in molte
sedi universitarie carenza di vitalita' scientifica nella ricerca di
base. E di questo risentono anche
le scuole di dottorato italiane (a parte le solite sparute eccezioni)
la cui qualita' non e' certo delle
migliori anche a causa di un'ottica universitaria inadeguata di proliferazione
delle sedi anche
presso facolta' ed universita' fantasma!
Quanto agli enti di ricerca, che convenienze di potere burocratico-sindacali
hanno ridotto in un
calderone in cui convivono con le stesse normative enti del tutto
diversi (per ruoli e fini
istituzionali, organi di governo, modalita' di programmazione scientifica
) sono stati progressivamente
esclusi da qualsiasi ruolo istituzionale nella formazione a qualsiasi
livello.
Contestualmente in essi e' in via di sparizione qualsiasi apprezzamento
sul valore culturale e di
formazione, per i giovani, della ricerca che invece si vuole che divenga
solo un elemento
dell'economia e quindi da irregimentare: la ricerca di base (che
per Galileo non doveva
subordinarsi ai decreti ne' di re ne' di papi ne' di imperatori) si
subordina ai decreti Bassanini e
quant'altro diventando, di fatto, un ramo della pubblica amministrazione.
Oltre alla esclusione dei ricercatori degli enti di ricerca da ogni
ruolo di formazione, con
l'abolizione della libera docenza s'e' consumato, ormai da circa 30
anni, anche il distacco tra
universita' e docenti della scuola media superiore alcuni dei quali
ancora oggi hanno una
produzione intellettuale di grande valore: l'insegnamento universitario
viene garantito molto
spesso "ope legis'' anche a chi ha prodotto ben poco e negato
a priori invece, grazie alla
legislazione attuale, a chi pur avendo acquisito titoli e qualita'
scientifici rilevanti abbia scelto
incautamente di insegnare nella scuola secondaria. L'esito purtroppo
e' quello di docenti
universitari spesso dequalificati e di docenti di scuole superiori,
spesso frustrati in un ghetto
culturale: la loro cultura e' sempre meno richiesta, malpagati, screditati
nella considerazione
generale, oberati di compiti educativi e di "accoglienza", di adempimenti
di pratiche burocratiche..
Quanta distanza dai vecchi insegnanti di liceo raffinatissimi grecisti,
latinisti, fisici, parimenti
orgogliosi ed entusiasti delle loro classi liceali e della loro
ricerca ed insegnamento universitari.
Certamente ogni docente universitario con sufficiente anzianita'
ha verificato che il livello medio
delle conoscenze di chi si iscrive all'universita' e' crollato negli
ultimi decenni ma di tutto cio'
sembra non esserci alcuna eco ufficiale: insomma nessuno si preoccupa
di rendere noto il fatto (e
quindi di por mano ai rimedi) che, in particolare, gli studenti che
riescono a superare entro il primo
anno tutti gli esami relativi agli insegnamenti previsti
sono solo qualche percento. Questo silenzio
sull'inizio della dispersione e' fortemente colpevole rispetto alla
loro responsabilita di formazione:
come se la ricerca e l'insegnamento universitari italiani si fossero
configurati sempe piu' come
fonte di privilegio e non di arricchimento e diffusione culturale per
i giovani.
Al contrario, anche per l'universita' si fa un gran parlate piu'
che di piani di studio e di contenuti di
insegnamento, di ingegnerie organizzative, di "crediti formativi
" tendenti alla licealizzazione
degli studi universitari; inoltre si sposta sempre piu' in avanti nell'iter
scolastico la formazione
organica ed approfondita e la reale selezione tra esecutori e elite
culturale.
Infine qualche riflessione sull'immobilismo nella formazione
riguardo ai "nuovi saperi": nel
convegno "Supercomputing and Networking '98 (SC98)" tenutosi ad Orlando,
Florida 7-13
November 1998 in un panel dal titolo "New directions in Computational
Science and Internetics
as Academic Discipline" (Chairman: Prof. Geoffrey Fox, NPAC, Syracuse
University) sono stati
discussi modalita' e contenuti di corsi accademici di alto livello
relativi allo sviluppo delle tecniche
di comunicazione e dei protocolli di rete ( e' stato stimato che negli
Stati Uniti, nei prossimi due
anni, occorreranno circa 7000- 8000 "esperti di rete" di alta qualificazione):
quanto sono vivi in
Italia analoghi dibattiti? Solo un piccolo esempio: nel corsi
di laurea in fisica non ci sono tracce
significative di insegnamenti relativi "alle reti " pur
essendo stato l'INFN (le sue sezioni sono
attive dentro le Universita') il primo ente di ricerca a dotarsi di
una rete telematica (dal primo
embrione di rete INFNet intorno al 1980 fino all'attuale complessita'
dovuta al rapido sviluppo dei
mezzi di comunicazione verso velocita' sempre piu' elevate ).
Ma si e' gia' detto della distanza tra formazione e ricerca
e della negazione di ruoli didattici istituzionali
di "chi non fa parte dell'Universita'" (si noti che nell'attuale normativa
universitaria i ricercatori degli
enti di ricerca non possono essere ufficilamente relatori di tesi: quando
lo fanno hanno bisogno di
un "docente delle schermo")
4)Qualche idea sul che fare.
Poiche' la idea di scuola si basa su una concezione complessiva
culturale, socialmente condivisa
di quali siano i valori ed i contenuti della formazione scolastica
c' e' necessita' di spostare energie
morali e intellettuali su un piano nazionale di rinnovamento delle
condizioni scolastiche collettive e
del funzionamento dell'universita'.
E' necessario un ampliamento degli obblighi didattici anche per una
maggiore articolazione
nell'offerta didattica alla luce del disorientamento dei ragazzi specialmente
nei prini due anni dei
corsi di laurea , per un rapporto docenti studenti piu' diretto,
continuativo ed efficace
individuando anche itinerari formativi individuali invece delle
inutili lezioni su maxischermi, per
una formazione "non semplificata", introducendo anzi incentivi cospicui
legati al merito. Ed in
questa nuova offerta didattica potrebbero avere un ruolo isituzionale
anche i ricercatori degli enti
di ricerca: nella formazione scientifica universitaria e delle scuole
di dottorato ma anche in quella
dell'orientamento in collegamento con la scuola superiore e nella formazione
e aggiornamento dei
suoi insegnanti che li veda attori e non passivi
allievi riattivando un legame istituzionale tra
scuola superiore e universita`.
E' essenziale inoltre che per invertire il cammino intrapreso
verso la "deconcettualizzazione"
dell'insegnamento letterati, scienziati, filosofi si riapproprino della
funzione di indirizzo culturale e
di formulazione di programmi sostituendosi alle figure che Russo
chiama "specialisti della scuola"
scelte tra sociologi, pedagogisti, esperti di media. Una scuola che
non abbia piu'
contenuti da insegnare ma solo qualcosa da raccontare non
puo' che essere progettata e indirizzata
da chi e' esperto nelle forme della comunicazione: studiosi di semiotica
ed esperti in tecnologie
multimediali.
Quanto all'orientamento dei giovani per gli studi universitari si prenda
ad esempio quello organizzato
dalla Scuola Normale di Pisa ogni anno a Cortona per circa 200 studenti
delle scuole medie superiori.
Perche' questa iniziativa cosi' qualificata e' rimasta un'esperienza unica?
In realta' la reazione dei docenti e ricercatori della comunita' scientifica
nazionale all'obbiettivo della
dequalificazione della scuola perseguito con determinazione negli ultimi
anni da tuttte le compagini
governative ed affrettata dal ministro Berlinguer non sembra adeguata
alla partita che e' in gioco.,
per questa comunita', riguardo alla grande questione nazionale della
formazione, vale la sentenza
con cui lo storico Ginsborg ha mandato in purgatorio tutti gli italiani
contemporanei:
"Appaiono incapaci di scelte che non siano dettate da convenienze di gruppo o categoria"?
(1) Questi dati (tratti dall'ultimo censimento) sono citati nell'articolo
di P. Angela "Togliamo la
spazzatura dalla TV" su La Repubblica (dicembre 1998).
(2) L. Russo: "Segmenti e bastoncini", Feltrinelli 1998
-- Dott.ssa Maria Luigia Paciello Sezione di Roma1 dell'INFN c/o Dipartimento di fisica Universita' di Roma "La Sapienza" P.le A. Moro 5, 00185 Roma, Italy Tel: +396.4469875 o +396.49914362 Fax: +396.4454749 E-mail: paciello@roma1.infn.it